sabato 30 luglio 2011

ombra pensante


Funzionano tutte allo stesso modo: vanno riempite con acqua di rubinetto (in modo che passi sull’apposita cartuccia filtrante) e poi conservate in frigorifero. Le cinque caraffe, prese in considerazione per il nostro test, sono molto simili: hanno tutte un recipiente da 1- 1,5 litri di volume, un imbuto con l’alloggiamento per la cartuccia, la cartuccia filtrante e un coperchio dotato di contatore (può misurare i litri, il tempo o il numero dei riempimenti), che serve come promemoria per il ricambio delle cartucce.
La cartuccia dura circa un mese e rimane sempre immersa nell’acqua, svolgendo così la funzione filtrante. Al suo interno, c’è un granulato di resina a scambio ionico (serve ad abbassare la durezza dell’acqua) e di carbone attivo (trattiene il cloro e gli eventuali composti organici e inquinanti presenti nell’acqua).
Per evitare la proliferazione batterica, in alcuni casi le cartucce vengono addizionate con un composto a base di argento che ha proprietà battericide.
- Istruzioni e praticità d’uso. Tanti claim sulla confezione (e in più lingue) per la brocca Kenwood Countdown, che però non è molto pratica. È l’unica che ha preso un giudizio negativo in tabella alla voce “praticità”: quando si versa l’acqua filtrata, esce contemporaneamente anche quella contenuta nell’imbuto. Risultato? L’acqua filtrata e la potabile si mischiano.
Altro punto debole: l’imbuto rallenta troppo l’acqua, che va versata lentamente e in due volte.
L’altro modello della Kenwood (Hydrology) va meglio: si versa con più facilità anche se l’imbuto è ugualmente lento.
Nella brocca Terraillon le istruzioni in italiano sono riportate su un foglietto a parte (allegato al manuale principale): non sono molto chiare, ma il ricorso a qualche esempio aiuta. Il contatore sul coperchio segnala il numero delle aperture/chiusure: meglio non fidarsi di questo sistema di conteggio piuttosto approssimativo. La cartuccia va cambiata, a prescindere dalle volte che avete aperto o chiuso la caraffa, ogni mese.
La brocca Aluna della Brita è completa nelle istruzioni: un po’ troppo ingombrante, non sta nello sportello del frigorifero. L’indicatore memo sul coperchio è chiaro e preciso.
Bene anche l’altro modello Brita (Fjord) decisamente più sottile e con le stesse istruzioni.
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Testata come a casa
A Milano l’acqua proveniente dall’acquedotto della città è stata messa a confronto con la stessa acqua filtrata dalle cinque caraffe. Il raffronto è stato fatto per un periodo di circa un mese (il tempo medio di durata delle cartucce filtranti). Nel corso del test, le caraffe sono state conservate sempre in frigorifero e svuotate/riempite due volte al giorno per cinque giorni alla settimana: abbiamo testato le brocche, simulando l’uso che si farebbe in famiglia per servire a tavola l’acqua con i principali pasti della giornata. I campionamenti sull’acqua filtrata sono stati effettuati all’inizio della vita della cartuccia; dopo due settimane di uso della brocca; dopo quattro settimane e dopo cinque giorni oltre la scadenza della cartuccia. Le verifiche sull’acqua proveniente dall’acquedotto sono state ripetute due volte, a un mese di distanza. Ecco i risultati.
- Addolcimento. La durezza (ovvero il contenuto di calcio e magnesio) dell’acqua di Milano è di 24 °F (dato medio in gradi francesi): dopo il trattamento con le caraffe i valori si abbassano (in media 15°F). Gli impianti a osmosi inversa, testati in precedenza (AC 205, giugno 2007), facevano precipitare la durezza a valori ben più bassi (intorno a 1 o 2°F).
Con le caraffe, l’addolcimento è più forte quando la cartuccia è nuova e diminuisce con il passare del tempo. In generale un’acqua dolce è più gradita al palato, ma non è vero che è più salutare per l’organismo.  
- Nitrati. Possono essere presenti nel terreno, ma anche derivare dall’inquinamento, dai rifiuti industriali e dai fertilizzanti: i nitrati  sono controllati dalla legge, che definisce un limite di 50 mg/l, al di sotto del quale l’acqua è sicura. Le caraffe non fanno nulla contro queste sostanze, anzi. I nitrati registrati nell’acqua di rubinetto sono 27 mg/l: la presenza aumenta leggermente dopo il filtraggio.
- Nitriti. I nitriti sono dannosi per la salute (soprattutto dei lattanti) e assenti nelle acque potabili, compresa quella di Milano (verificata due volte). Li troviamo invece in alcuni campioni di acqua filtrata dalle caraffe nell’analisi fatta dopo quindici giorni di uso. In poche parole, tre brocche peggiorano la qualità dell’acqua di partenza: per loro in tabella voti pessimi.
- Ammonio. Non c’è nell’acqua di rubinetto, ma lo troviamo dopo il trattamento delle brocche. E in quantità ben superiore al limite di legge (0,5 mg/l). Il problema riguarda soprattutto le cartucce Brita, sulle quali già in passato avevamo espresso i nostri dubbi a questo proposito. Nei primi giorni d’uso (con la cartuccia nuova) rileviamo, nell’acqua della caraffa Aluna, ammonio pari a 1,44 mg/l; in quella filtrata dal modello Fjord ben 3,35 mg/l. Proprio questo valore molto alto ha penalizzato la brocca Brita Fjord nel giudizio complessivo. In poche parole, se provenissero da un acquedotto, le due acque sarebbero dichiarate - per questo parametro - non potabili. L’ammonio non è rischioso per la salute, tuttavia non è ammissibile che il trattamento con le cartucce Brita aggiunga all’acqua sostanze indesiderate sottoposte a limiti di legge.
- Metalli. Ferro, manganese e i metalli pesanti arsenico, cromo, piombo e nichel sono dannosi per la salute perché si accumulano nell’organismo. Esistono precisi limiti di legge per la presenza di metalli, che non devono mai essere superati nell’acqua destinata all’uso domestico. Nell’acquedotto ce ne sono solo tracce (valori talmente bassi da essere appena rilevabili) e la filtrazione con le brocche non può dare effetti apprezzabili su valori di partenza così bassi. La filtrazione con le brocche non ha, dunque, alcun effetto. Piombo (assente nell’acquedotto) e ferro (presente in quantità basse) vengono rilasciati, in due casi, dalla caraffa Kenwood Hydrology.
- Solventi. Derivano dall’inquinamento e sono un problema caratteristico di alcune grandi città, come Milano. Contro i solventi le caraffe funzionano bene. L’acquedotto ne contiene in media 1,15 µg/l, valore ben al di sotto del limite di legge: le brocche lo abbassano ulteriormente. La più efficace è Brita Aluna.
- Trialometani. Si tratta di inquinanti, pericolosi per la salute, che possono formarsi a causa della disinfezione delle acque con il cloro. Il valore rilevato nell’acqua in arrivo dall’acquedotto è ampiamente al di sotto del limite di legge (5,65 µg/l). Le due Brita rimuovono bene le tracce di questi composti indesiderati.
- Microbiologia. Trattare l’acqua potabile, significa renderla anche vulnerabile. Priva di tutte le difese (per esempio il cloro), l’acqua filtrata può trovarsi in balia della proliferazione batterica. Le cartucce filtranti, trattenendo i composti organici, rischiano di diventare terreno fertile di coltura per molti batteri. Niente allarmismo: la carica batterica delle acque filtrate testate è superiore a quella dell’acquedotto, ma non abbiamo registrato casi preoccupanti o pericolosi.
Un buon sistema per scoraggiare la formazione di batteri è conservare le caraffe in frigorifero: ricordate di consumare l’acqua  filtrata al massimo entro due giorni.
Solo Kenwood Hydrology raggiunge valori piuttosto alti rispetto alle altre caraffe.
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Non bevete i luoghi comuni
L’acqua che arriva nelle nostre case è potabile e può esser bevuta da tutta la famiglia, bambini compresi. Uno dei motivi per cui la maggior parte delle persone snobba l’acqua del rubinetto è la sua durezza, ovvero il contenuto di calcio e magnesio misurato in gradi francesi (°F). Tuttavia è sbagliato pensare che un’acqua meno dura (più dolce) sia più salutare: l’addolcimento all’opposto la impoverisce.
Sono in molti a credere erroneamente, per esempio, che il calcare sia responsabile dei calcoli ai reni: in realtà la durezza dell’acqua ha come principale effetto negativo le tracce lasciate su pentole e lavello o negli elettrodomestici. Al contrario, addolcire troppo l’acqua (arrivando magari a 0°F) può causare danni ben più importanti: non solo si impoverisce di sali utili all’organismo, ma se ne altera l’equilibrio, diventando così aggressiva nei confronti dei materiali con cui entra a contatto (per esempio i contenitori metallici e le decorazioni su ceramica).
Se è il cattivo gusto a tenervi alla larga dall’acqua di casa, fate un tentativo: provate a far decantare l’acqua di rubinetto qualche minuto prima di berla o conservatela in frigorifero in una bottiglia di vetro ben chiusa. Sapore e odore risulteranno decisamente migliori.
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Brocche senza senso
In generale l’acqua del rubinetto è buona. L’uso della brocca per filtrarla è inutile non solo quando le sostanze indesiderate sono del tutto assenti nell’acqua di partenza, ma anche quando sono presenti in tracce perché sotto ai limiti consentiti. Alcune cartucce (Brita) rilasciano ammonio in quantità superiore al limite di legge fissato per le acque destinate al consumo umano. Le brocche tengono a bada i solventi, ma il ristagno dell’acqua nella caraffa causa un generale peggioramento della qualità microbiologica (la carica batterica) e chimica (l’aumento di nitriti) dell’acqua. I risultati che emergono dal nostro test fanno riferimento a un uso delle caraffe in condizioni ottimali: se l’utilizzo non dovesse essere così accorto, i rischi potrebbero anche aumentare (soprattutto la proliferazione batterica). Se avete in casa la caraffa e la usate - come suggeriscono le istruzioni - conservate l’acqua in frigorifero e consumatela entro la giornata.
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Da http://www.altroconsumo.it/caraffe-con-filtro-s186063/nm-newsletter-p107570/prm_id_c/3091.htm 

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